Verso la fine del XVIII secolo, Francesco Chiarottini affrescò la stanza ora occupata dal Segretario comunale, aprendo scenari su quella parte di Friuli collinare su cui si stagliano non troppo lontano le Prealpi Carniche. Paesaggi che ogni cividalese ha negli occhi, seppur addolciti da un tonalismo che ancora imbeve il pennello del maestro. Germogliano rami fra le rovine di un antico Parnaso ed oltre le cornici architettoniche un tocco lieve disegna alberi e arbusti. Da questi dettagli di delicata sensibilità muove leggero Oltre le quinte. E’ un raffinato lavoro di sovrapposizioni fotografiche pensato appositamente per lo spazio in cui agisce: dietro le quinte.
Oltre le quinte: rivisitazione dell’opera di Chiarottini
In una stanza ricca di sollecitazioni visive, dove lo sguardo dell’osservatore spazia da una superficie all’altra, non si può che entrare in punta di piedi, chiedendo cortesemente permesso. Oltre le quinte non osa nemmeno appoggiarsi alle pareti. Preferisce invece starvi sospeso, gettando un’ombra fluttuante e mobile che già interagisce con il paramento a fresco in un continuo gioco di citazioni e rimandi. L’albero, ad esempio, su cui l’occhio dell’artista si è posato con particolare affetto, ritrova nel policarbonato una sua identità tassonomica.
Entrambi gli artisti offrono al visitatore un viaggio. Verso l’esterno l’uno, nella quiete bucolica dei colli; verso l’interno l’altro, nell’intimità dei meccanismi percettivi che si sovrappongono come veli confondendo reale ed irreale in una trama inestricabile.
Sensibile alla luce, come lo è l’intonaco a calce dell’affresco, capace di cambiare sensibilmente di tono. Oltre le quinte se ne lascia trapassare, così che ogni piano si completa l’uno nell’altro. Basta spostare le tende per ottenere diversi effetti luminosi. Se poi si dovesse aprire una finestra per farvi entrare un soffio soltanto di quel vento che d’inverno spazza Cividale, allora quel fortunato potrebbe assistere all’animazione della scena, scomposta da improvvise oscillazioni.
Ora è la stanza nella sua totalità ad essere l’opera d’arte.
Un unico grande disegno dove l’intervento di Adriana Iaconcig propone una chiave di lettura dell’opera del passato. L’artista getta la proiezione vivida nel presente, facendola propria ed interpretandola in modo nuovo.
Chiara de Santi
Testo critico